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Sistema Bibliotecario di Ateneo
Sistema Bibliotecario di Ateneo
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La Biblioteca

La Biblioteca si presenta

La Biblioteca di Scienze politiche, dedicata al ricordo del prof. Ettore Anchieri, occupa attualmente il piano terra, il primo piano e parte del secondo piano di Palazzo Dottori.
Questa sistemazione odierna è il risultato di vari spostamenti che iniziano nel 1964, quando il Palazzo divenne patrimonio dell’Ateneo, grazie al lascito del senatore Giovanni Milani, e venne scelto come definitiva sede della Facoltà di Scienze politiche. 
Dal 1924, anno della sua fondazione, la Facoltà era ospitata a Palazzo Bo, in una sistemazione definita “precaria” sia perché fortemente condizionata dalla vicinanza della Facoltà di Giurisprudenza sia perché la coabitazione era vicendevolmente mal tollerata1
1. Giulia Simone et al., La facoltà Cenerentola: scienze politiche a Padova dal 1948 al 1968. Milano: F. Angeli, 2017

Nel novembre del 1967, con la conclusione dei lavori per la sistemazione di Palazzo Dottori, Scienze politiche ottenne la sua sede esclusiva: il preside Anchieri potè inaugurare i nuovi spazi dove, oltre alle aule per la didattica e agli studi dei docenti, trovarono adeguata sistemazione anche la Biblioteca di Facoltà, collocata al secondo piano e la Biblioteca americana, collocata al piano ammezzato.

Nei primi anni Duemila la Biblioteca americana2 fu riorganizzata e assorbita nella biblioteca di Facoltà: molto del suo materiale fu spostato nel Nuovo Deposito di Legnaro (NAL) dove è tuttora consultabile.

Al momento della sua costituzione, la Biblioteca di Facoltà si componeva di oltre 50.000 libri; questo corpus originario venne riorganizzato nei primi anni Settanta da Paolo Selmi, docente di Storia della Repubblica di Venezia3: la raccolta venne riordinata secondo uno schema di collocazione classificata, in base alla quale i libri dello stesso ambito disciplinare risultano collocati razionalmente di seguito, rispettando il criterio gerarchico dal generale al particolare. 

Gli ambiti disciplinari individuati in base agli insegnamenti fondamentali della Facoltà furono: Storia, Scienze politiche, Sociologia, Economia.

Così, ad esempio, la segnatura di collocazione A individua l’ambito disciplinare di Storia, l’indicatore in numero romano I individua la Storia dei trattati, la lettera c individua la Storia dei Trattati internazionali, il numero arabo finale è l’ordinale all'interno della sezione e l’intera stringa si presenta in questo modo A.I.c.56 che corrisponde al libro Raccolta di concordati su materie ecclesiastiche tra la Santa Sede e le autorità civili.

Questo Schema di collocazione classificata venne utilizzato fino al 1972, ed è ancora applicato alla raccolta originaria dei libri della Biblioteca.

In seguito, con l'accrescimento delle raccolte, che arrivano attualmente ad una consistenza di circa 100.000 volumi, ragioni di spazio e di maggiore facilità di lettura per l’utenza consigliarono l’adozione della nuova collocazione bibliometrica, tuttora in uso: i libri sono collocati sugli scaffali in base al Dipartimento che ne chiede l’acquisto e al loro formato. 

Così, ad esempio, la segnatura di collocazione SO individua l’ambito disciplinare di Sociologia, seppure in modo molto sommario, la lettera E individua il formato del libro, ossia la sua altezza in cm., il numero arabo finale è l’ordinale all'interno della sezione, e l’intera stringa si presenta in questo modo: SO.E.5625, che corrisponde al libro Madri sole : dalle concubine romane alle single mothers.

Nel corso degli anni la Biblioteca è sempre stata partecipe e coinvolta nella vita, a tratti turbolenta, della Facoltà: ne fanno fede alcune testimonianze ancora ben visibili come il murale che si trova nella Sala giardino, ricavata nello spazio che in precedenza era stato lo studio del Prof. Sabino Acquaviva e l’emeroteca di quotidiani costituita su richiesta dell’Assemblea degli studenti di Scienze politiche alla fine degli anni ‘60 del Novecento.

Inoltre, essendo «un organismo che cresce4», e quindi che cambia, evolve, si adatta anche in base alle esigenze dei suoi utenti, la Biblioteca ha affrontato importanti cambiamenti proprio per quanto riguarda i servizi al pubblico: se ancora nel Bollettino-Notiziario della Facoltà di Scienze Politiche dell’A.A. 1963-64 si legge che «Non sono ammessi [in biblioteca] estranei all’Università che non abbiano un permesso speciale del Preside. Per nessuna ragione le pubblicazioni potranno andare a prestito o essere asportate dal locale della biblioteca5». Successivamente la Biblioteca è stata tra le prime biblioteche accademiche a incentivare e favorire l’accesso dell’utenza non istituzionale, regolamentando in modo molto inclusivo il servizio di prestito locale che così poteva essere goduto da tutta la cittadinanza tramite il pagamento di un deposito cauzionale.

Attualmente, in accordo con le linee di gestione e indirizzo del Sistema Bibliotecario di Ateneo, la Biblioteca garantisce il proprio impegno per il miglioramento continuo della qualità dei servizi, anche allo scopo di favorire la valorizzazione della conoscenza attraverso attività che hanno un impatto culturale, economico, educativo sulla cittadinanza. 

2. Per una storia della costituzione delle biblioteche americane in Italia cfr. Stefano Lucconi, Una cattedra di storia e una biblioteca per l’ateneo: la diplomazia culturale statunitense e l’Università di Firenze in Quaderni del Circolo Rosselli, 1/2020
3. Giulia Simone et al., La facoltà Cenerentola, cit.
4. Giorgio Montecchi, Fabio Venuda, Nuovo manuale di biblioteconomia. Milano: Ed. Bibliografica, 2022
5. Bollettino-Notiziario della Facoltà di Scienze Politiche dell’A.A. 1963-64, n.9, gennaio 1964, pag. 7.


Il dedicatario della Biblioteca

La Biblioteca della Scuola di Economia e Scienze politiche è dedicata al ricordo del professor Ettore Anchieri, insigne studioso di Storia delle relazioni internazionali. Per questo motivo, riteniamo opportuno ricordarne brevemente la biografia e le vicende private e professionali che illustrino il suo impegno nell'ambito delle relazioni internazionali.  

Il professor Anchieri ebbe una vita movimentata: nato nel 1896 in provincia di Novara, dovette emigrare in Svizzera con la famiglia per difficoltà economiche; rientrò in Italia allo scoppio della Prima guerra mondiale, che combatté come alpino. Dopo la smobilitazione si iscrisse all’Università di Pavia dove ottenne la laurea in filosofia nel 1921, dedicandosi successivamente a studi di pedagogia e psicologia. 

Solo alcuni anni più tardi, dopo aver vissuto un periodo di insegnamento nei licei italiani in Egitto ed aver compreso per diretta esperienza i problemi mediterranei e del Medio Oriente, rivolse i suoi interessi di ricerca alla storia e particolarmente alla storia delle relazioni internazionali.

Nel 1948 la pubblicazione di Costantinopoli e gli stretti testimonia la raggiunta completa maturità di questo studioso, capace di uscire «...dalla tendenza all’indagine particolare prevalente nella nostra più recente storiografia1…». 

Infine, con la pubblicazione nel 1950 del saggio La grande alleanza del 1814-1822, si «...colgono lucidamente i primi indizi di un’epoca, nella quale si affacciano in termini nuovi rispetto ai secoli passati i problemi della pace, l’esigenza di un organismo internazionale in grado di garantirla, la coscienza di un destino comune dell’Europa2».

Nel novembre del 1954 Ettore Anchieri giunse a Padova, presso la Facoltà di Scienze politiche, dove gli venne affidata la cattedra di Storia dei trattati e politica internazionale.
Fu eletto preside della Facoltà nel 1959 e terrà l’incarico fino al 1968 trovandosi a guidare Scienze politiche in un periodo caratterizzato da intense rivendicazioni studentesche e da numerosi e radicali cambiamenti, molti dei quali dovuti proprio alla sua tenacia e lungimiranza3.

Infatti, fu anche grazie all’impegno di Anchieri che la Facoltà ottenne, nel novembre del 1967, una nuova e prestigiosa sede presso Palazzo Dottori: si concluse così il lungo periodo della «precaria sistemazione» al Bo di Scienze politiche consentendole di superare l’immagine di «Facoltà Cenerentola».

«Ora la Facoltà può vantare al piano terra ben due aule per le lezioni; [...] al secondo piano, [...] la biblioteca che può finalmente contenere in maniera adeguata gli oltre 50.000 volumi.

Proprio per la sua opera instancabile, che portò ad un raddoppio del numero delle cattedre e a triplicare il numero degli studenti, Anchieri fu definito «il preside della rinascita delle Scienze politiche padovane.

In questi anni, oltre al rigore di studioso, il professor Anchieri si distinse per «...il fervore contagioso del suo impegno di ricerca, l’alto e rigoroso concetto della professione di storico e di docente, gli stimoli che venivano dalla sua curiosità intellettuale, una concezione viva e attuale della storia, sempre avvertita nella sua immanente contemporaneità6».

Nel 1961 entrò a far parte della Commissione per il riordino e la pubblicazione dei Documenti Diplomatici Italiani diventandone in seguito presidente. 

Era ancora impegnato in questa impresa scientifica quando si spense il 5 settembre 1988.

1. Angelo Ventura, Ricordo del socio effettivo Ettore Anchieri, in Atti e memorie dell'Accademia Patavina di scienze lettere ed arti. Parte 1. Atti. Padova: Società cooperativa tipografica, 1991-92, vol. CIV, p. 125.
2. Ibidem
3. Giulia Simone et al, Dall'università d'élite all'università di massa: l'Ateneo di Padova dal secondo dopoguerra alla contestazione sessantottesca. Padova: Padova University Press, 2017
4. Giulia Simone et al, "La facoltà Cenerentola". Scienze politiche a Padova dal 1948 al 1968. Milano: Angeli, 2017, p.135.
5. Ibidem
6. Angelo Ventura, Ricordo del socio effettivo Ettore Anchieri, cit. 

 

Il “Guerrigliero”

La Biblioteca ospita, assieme alle sue preziose collezioni, anche un murale. Esso si trova in Sala Giardino, ricavata da quello che in precedenza era stato lo studio del Prof. Sabino Acquaviva.

Come ricordato dal Prof. Marco Almagisti: «Il Prof. Acquaviva era docente e - per una fase anche Preside della Facoltà di Scienze Politiche - nella Padova degli anni Settanta, in un periodo difficile, di tempeste e di speranze, durante il quale si è trovato a confrontarsi anche con le parti più radicali di quei movimenti sociali che aveva studiato. La curiosità, la volontà di capire e di ragionare assieme agli interlocutori, che sono caratteristiche basilari per uno scienziato sociale, lo hanno accompagnato durante questa esperienza». 

Di quegli anni turbolenti e, in particolare, delle circostanze che portarono alla realizzazione del murale, il Prof. Acquaviva dà conto nel libro Sinfonia in rosso : 1977-1980.

Lasciamo, quindi, a lui la parola e seguiamolo nella rievocazione di quegli avvenimenti:

«Anche la seconda volta, durante l’occupazione, disegnarono, scrissero, imbrattarono i muri, e volevano dipingere anche il mio studio.

“No”, dissi, “non sapete disegnare, ci penso da solo”.  

Comperai un barattolo di vernice rossa, uno di vernice nera, e un pennello. Dipinsi un guerrigliero con il mitra in mano e il braccio puntato verso la porta. Simbolo di che? Della loro rivoluzione? Del mio modo di cambiare diversamente il mondo? Un invito a tutti di uscire dal mio studio? Ciascuno poteva interpretarlo leggerlo, a suo modo.

E in vari modo lo "lessero" gli autonomi (soddisfatti), i giornalisti italiani e stranieri che "dopo" vennero ad intervistarmi. Questi lo fotografarono, usarono, manipolarono, pubblicarono.

Il guerrigliero fece il giro del mondo: me ne scrissero scandalizzati o entusiasti amici tedeschi, inglesi, francesi, americani. In seguito i settimanali continuarono a fotografarmi e l’affresco era sempre alle mie spalle. Quasi il simbolo di quei mesi.

Ma allora, quando lo dipinsi, tutto era diverso: lo disegnai di getto, "usciva" da uno stato d’animo. Rendeva, o voleva rendere, una situazione, un mondo, una storia, una cultura: così com’erano. In quel momento così sentivo un mondo che era simbolo di uno spazio in cui c’era della gente, ma non sapevo quale, che stava appunto per usare le armi: intorno a me, sicuramente, dei "mai più senza fucile", i terroristi che così si sarebbero fatti chiamare in seguito. Ma non sapevo chi erano, e mi sentivo un po’ come un personaggio di Kafka».

Sabino Acquaviva, Sinfonia in rosso : 1977-1980. Milano: Rusconi, 1988, p. 42.

 

La dedica autografa di Sandro Pertini

Quando la storia lascia un segno

«Agli allievi della Facoltà di Scienze Politiche di Padova, esortandoli a difendere sempre la libertà, la cui riconquista tanto è costata al popolo italiano. Affettuosamente, Sandro Pertini. Roma, novembre 1972».

La biblioteca conserva un’importante testimonianza del Novecento: il libro Sandro Pertini: sei condanne, due evasioni con dedica autografa «Agli allievi della Facoltà di Scienze Politiche di Padova» di Sandro Pertini, che fu il settimo presidente della Repubblica Italiana, eletto l'8 luglio 1978, primo socialista e unico esponente del PSI a ricoprire la carica. 

Sandro Pertini ebbe una vita lunga e tormentata: partecipò alla prima guerra mondiale, durante la quale si distinse per diversi meriti sul campo. Nel primo dopoguerra si iscrisse al Partito Socialista unitario; fu tenace ed energico oppositore del Fascismo e perciò perseguitato dal regime e più volte incarcerato.

Nell'agosto 1943, dopo essere  entrato a far parte del primo esecutivo del Partito socialista, fu catturato dalle SS e condannato a morte. Grazie ad un’azione partigiana riuscì ad evadere e a raggiungere Milano, dove assunse la carica di segretario del Partito Socialista nei territori occupati e dove divenne uno dei protagonisti della Resistenza e delle sue strutture di comando.

Nell'aprile 1945 partecipò agli eventi che portarono alla liberazione dal nazifascismo, organizzando l'insurrezione di Milano e votando il decreto che condannò a morte Mussolini e altri gerarchi fascisti.

Fu eletto Segretario del Partito Socialista Italiano di unità proletaria nel 1945; il 2 giugno 1946 fu eletto all'Assemblea Costituente. 

La sua parabola politica attraversò le fasi della rinascita postbellica: senatore di diritto nella I legislatura, nella II fu eletto alla Camera dei Deputati e venne riconfermato senza interruzioni fino al 1978.

Infine, fu eletto presidente della Repubblica Italiana l'8 luglio 1978, con l'82,3% dei voti, la percentuale più alta tra tutte le elezioni presidenziali della storia repubblicana. 

Il suo mandato presidenziale fu caratterizzato da una forte impronta personale che gli valse una notevole popolarità, tanto da essere ricordato come il presidente più amato dagli italiani o il presidente degli italiani.

«L’autorevolezza con cui seppe interpretare il ruolo di presidente, insieme al prestigio che lo circondava come intransigente alfiere dell’antifascismo, contribuirono in misura determinante a stabilizzare le sorti della democrazia italiana in uno dei suoi momenti più travagliati. [...]  

Durante il settennato emersero con forza la fermezza e lo spessore umano del suo carattere; Pertini riuscì a riaccendere la fiducia degli italiani nelle istituzioni pur misurandosi con una crisi di sistema che si rivelerà irreversibile. [...] 

Grande comunicatore, mise in evidenza, anche in occasioni ufficiali, una straordinaria schiettezza e, la tempo stesso, un respiro consapevole e misurato, che conferivano alle sue parole il carattere di un messaggio non episodico o incidentale. Nessun capo di Stato o uomo politico italiano ha conosciuto all’estero una popolarità paragonabile a quella di Pertini1».

Morì a Roma, all’età di novantatré anni,  il 24 febbraio 1990.

1 Umberto Gentiloni Silveri, Pertini Alessandro (Sandro), in Dizionario biografico degli italiani, vol. 82, Roma: Istituto della Enciclopedia italiana, 2015, pp. 526-532.

 

La storia del servizio lettura quotidiani

A partire da lunedì 9 gennaio 2023 presso il piano terra della Biblioteca è possibile consultare una selezione di quotidiani nazionali e locali, dei quali è disponibile la copia del giorno e del mese in corso.

Attraverso questo servizio la biblioteca assolve all'importante funzione di documentazione corrente dell'attualità politica secondo una consuetudine oramai storica.

La costituzione dell'emeroteca

Risale alla fine degli anni ‘60 del Novecento, quando l’Assemblea degli studenti di Scienze politiche, attraverso il Movimento Studentesco, presentò all’allora Facoltà di Scienze politiche “una serie di rivendicazioni”, alcune delle quali vennero “almeno formalmente accettate” e, tra queste, appunto, la “costituzione dell’emeroteca”1

Nel corso degli anni la Biblioteca ha dedicato costante attenzione alla conservazione e valorizzazione di questo patrimonio che in buona parte è stato microfilmato e quindi reso disponibile su un supporto che non è facilmente deteriorabile, ha costi ridotti di immagazzinamento e minori probabilità di obsolescenza.
Dopo la sospensione dovuta al Covid-19, che ha interrotto 51 anni continuativi di erogazione, il servizio è ripreso con un’attenzione particolare anche alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie. 

1 Dolores Negrello, A pugno chiuso : il Partito comunista padovano dal biennio rosso alla stagione dei movimenti. Milano: F. Angeli, 2000, pp. 254-255.